Perchè?...?...


VERA,

PERCHÉ PROPRIO DA ME L’HAI FATTO?

PERCHE’ NON DA “CHI DI DOVERE”?

PERCHÈ NON DOVE ERI OSPITATA?

 



A queste tue struggenti domande, Giovanni, sai come rispondiamo?

Facciamo come l’imprevedibile Vera e chiediamo che sia lei a darti una risposta, certamente non per via ordinaria, ma come lei ora può: per via “esoterica”:

 

“L’ho fatto da te perché il passaggio, dall’ambiente acquatico a quello terrestre, della rana richiede una persona di piena fiducia.

Come quel giorno, a Riva di Solto, ho accompagnato con mani amorevoli le piccole rane, così tu mi hai concesso finalmente di approdare alla “riva della vita”.

Da “chi di dovere” fiducia non c’era per questo, e le mani se le è solo lavate ‘alla Pilato’.

Don Ciccio aveva fiducia in me, ma prima di tutto era responsabile di una intera comunità.

 

Non guardare all’esteriorità del dramma.
Guarda attraverso e riuscirai a vedere cose nuove con me.

A proposito,
pensavo che anche Gesù, nella sua fragilità, non ha mai subìto il suo destino.

Fino in fondo la sua fragilità è stata attiva, sempre una scelta, mai passiva:
lui orientava.

Pensa: un po’ consciamente e un po’ inconsciamente anch’io ho fatto la stessa strada!

Poi c’è stato questo atto, vile agli occhi del mondo ma coraggioso agli occhi di Dio, che donando a suo Figlio e attraverso Lui anche a me “la bellezza della fragilità”, mi ha accolto”.

COME CI SI INCONTRA IN PARADISO?


Vedendo mia madre, l’ho riconosciuta subito. Bellissima e semplicissima.

In una naturalezza estrema che io, quando era sulla

terra, soltanto come una briciola, in questo confronto,

avevo avuto la fortuna di intuire.

Una briciola di Paradiso mi era stata fatta intuire attraverso

di lei, allora. Ma qui, la sua immagine è la sua realtà

ideale. Tutto il meglio di lei raccolto nella semplicità,

espresso da quegli atteggiamenti che noi sognavamo di

lei, ogni tanto, specie appena morta.

Qui, invece, viva e concreta; non solo immaginata, ma

immagine. Sono sempre in collegamento con lei, qui in

Paradiso, attraverso questo amore eterno che lei già vive e

che mi comunica in anticipo, eccezionalmente, come un

assaggio e un aperitivo invitante al Paradiso.

Oltre a mia madre, oltre a Lui accanto a me, incontrando

tante altre persone, noto che la loro immagine, la loro

sembianza, ha un denominatore comune: una specie di età

ideale nella quale tutti si ritrovano e che si rende visibile

in ognuno. Non c’è nessuno troppo anziano né troppo

bambino, qui.

Tutti hanno la sembianza loro ideale, che certo non è la

loro di prima, ma una trasformazione a partire dall’anima.

Un’immagine ideale, appunto, che si rende concreta e

visibile, e che non invecchia, non cambia più. E se tu guardi

a chiunque, sai comprendere di lui il suo vissuto, lo sai

cioè riconoscere.

Anche se qui non è importante quello che ha vissuto,

ma quello che vive. Ad esempio, incontrando il mio amico

Ovì, che nel mondo avevo conosciuto come handicappato

e incapace di pronunciare una sola parola correttamente,

qui lo incontro sotto questa sembianza: un adulto giovanile,

semplicissimo e sorridente; rivedendo in lui il suo passato,

colgo soprattutto la serenità del suo presente.

Il suo volto è idealizzato, ma fondamentalmente è lui:

Ovì, subito riconoscibile. Senza parlare, ci si capisce al

volo. Sa perché io sono qui, e sorride augurandomi buona

fortuna per quando ritornerò, se pur provvisoriamente, tra

i mortali. Mi fa intuire una cosa: lui il Paradiso, da laggiù

sulla terra, lo aveva già intuito proprio grazie alla sua

situazione sfavorevole.

È riconoscente per questo suo passato, e salutandomi

torna a vivere l’eternità del Paradiso.

Immagino anche i volti degli sfortunati che conosco

sulla terra: quanti privilegiati del Paradiso che, ora scartati

dagli uomini, attendono la loro formazione, la nuova

incarnazione in questa sembianza ideale!

Quale sorpresa per loro, un giorno! Quale messaggio

per me, ora! Scorgo laggiù, dall’eternità, uno che mi si

avvicina e mi si delinea, giovanile ed entusiasta. È un altro

dei tanti amici morti sulla terra.

Allora era un anziano. Mi aveva insegnato a coltivare

l’orto, a trattare la terra. Ora, qui, me lo vedo insegnante a

coltivare il Paradiso, a trattare con Colui che è il Paradiso.

Le caratteristiche di lui ci sono tutte, richiamate in

positivo, al meglio, nel suo sorriso e in quel saluto che mai

mi è mancato sulla terra, e che ora è sublimato in queldolce gesto della mano, 

prima di accomiatarsi.