Veronica nasce il 18 febbraio 1973
all’ospedale di Calcinate (Bg).
Già…
Ma se dovessimo chiedere conto “a chi
di dovere” della storia di Veronica, avremmo subito uno sghignazzare
altisonante, ironico, e rasente anche il sarcasmo. Ma non rivolto a noi, no,
no, no, non a noi…
“E’ stata concepita per sbaglio, è
stato un inconveniente, un incidente, successo tutto per un amplesso in una
cinquecento ai bordi di un acquitrino!...” e così via, via, via…
Veronica nasce in disgrazia già dal
suo concepimento...
Alle scuole elementari, ecco il problema – che si trascinerà fino
alla fine – della sua dislessia. Per questo non solo trova difficoltà ad
esprimersi e comprendere fino in fondo, ma accade pure che la maestra la umilierà
davanti a tutta la classe, forse non riconoscendo quell’handicap e additandola
subito come asina e handicappata.
Crescendo speriamo ci siano stati momenti migliori che in questa
sede non approfondiamo; qualora ce ne siano stati di peggiori, non è dato
sapere e comunque lasciamoli perdere, perché nella sua vita ce ne sono
abbastanza.
La gravità della situazione si manifesta durante la sua prima giovinezza
quando, dando una mano in birreria con arte e sensibilità preparando ottimi
taglieri da accompagnare agli aperitivi, avverrà un fatale incontro…
Accompagnato dal segretario personale
e dalle guardie del corpo, ecco comparire un famoso vip che ogni tanto cena
nella trattoria vicina. Mentre lui se la gode lì, il segretario si fa
l’aperitivo in birreria, ma con gli occhi già si sta facendo quella bella e
attraente ragazza che serve ai tavoli. Tra uno stuzzichino e l’altro, con un
po’ di battute e simpatia, cresce attrazione e allegria. La ragazza è troppo
ingenua per intuire il pericolo e il suo cuore è troppo buono e semplice per
non lasciarsi affascinare. Lui ha già in mente tutto il suo malefico progetto,
lei ha solo un cuore dolce e innamorato, incapace di intravedere oltre la
situazione della proposta di una vita insieme per amore. Lui le promette e dopo
un po’ la conduce in quel di Ferrara, dove il vivere insieme non è proprio rose
e fiori… ma lei resiste, per amore.

Altre promesse da parte di lui e in
questo caso la promessa si farà proprio debito: le prospetta una casa in
Feltre, da acquistare con un mutuo estinguibile con facilità. Una casa dove
vivere insieme e metter su un’attività – che ne so, tipo un’agenzia immobiliare – e vivere felici, contenti e indipendenti. Con
raggiri e intrallazzi, documenti a suo favore e inoppugnabili, ecco che lui pian
piano sistema il tutto di lei.
Si va avanti ancora un po’, tra
sacrifici di lei e imposizioni da parte di lui – violenza psicologica e fisica;
lui, fra l’altro, farà uso di sostanze stupefacenti e sarà anche ricoverato in
ospedale – finchè un giorno…
…Tornando alla casa di Feltre, lei
trova chiuso e sbarrato… Vera non ha le chiavi…
Lo cerca invano e disperatamente, ma
lui non risponde. Anche l’automobile è sparita… Lei, fra l’altro è incinta di
lui. Il dramma nel dramma: chiama i vigili per poter entrare in casa, da dove
sola e traumatizzata viene poco dopo ripresa e portata in ospedale a Feltre,
con conseguente aborto. Da quel trauma non sarà, d’ora in poi, più la stessa.
Lui, incassando i soldi del prestito
anticipato per acquistare quella casa, il denaro ha fatto sparire lasciando a
Vera l’elevato mutuo ora da estinguere.
Mettiamo qui una dolorosa pausa di
non approfondimento e riprendiamo tra poco.
Vera, alla ricerca di un disperato
modo di estinguere le rate del gran debito contratto, troverà qualche lavoro
saltuario e stagionale, lavorando anche in orari notturni presso un’industria
dolciaria, successivamente in una catena di negozi di casalinghi, ma poi… sempre
meno occasioni di lavoro e sempre più la cappa del nulla che avanza, sotto il
peso del mostruoso mutuo che l’assillerà sempre più.
Il tempo avanza inesorabile creando
sempre più angosce, ansie e meno speranze.
Andiam veloci nel tratto di tempo e
così la possiamo presto incontrare… a Bergamo, dove vive alla senzatetto, senza
una dimora stabile, senza ottenere alcun reddito di sussistenza (figurando
l’immobile di Feltre la seconda casa di lei), ospite un po’ qua, un po’ là,
perdendo sempre più dignità… e identità…
Villaga (Feltre): il fienile. Notare il tetto instabile… e un po’ già caduto…
Villaga (Feltre): il fienile ripulito e sistemato da Veronica e adibito a
soggiorno estivo…
“Se non ci fosse stato il disguido del mutuo, certo non ti avrei
incontrata sulla mia strada e non avrei potuto godere delle ferie a Feltre,
apprezzare le Dolomiti bellunesi… e tutto il resto… o no?”…
IN PARADISO SI USA LA MEMORIA?
Una facoltà poco usata, in Paradiso, è la memoria. Non
che venga meno; ma, in un certo senso, non se ne fa
ricorso.
A che giova ricordare il passato, qui, mentre tutto è
qui,
mentre hai da vivere situazioni tanto meravigliose e
coinvolgenti
che superano infinitamente ogni tuo passato? Che
senso ha il guardare indietro, a mo’ di nostalgia?
Perdi, per così dire, l’attaccamento
alle situazioni, e questo ti fa allontanare
definitivamente i
ricordi, e tutte le nostalgie. Anche perché tutto
quanto hai
cercato di vivere come bene, qui lo vivi bene. Qui
dunque
non si accumula l’esperienza, ma la si vive. Non c’è
il saggio
e il meno saggio, l’esperto e il meno esperto, il
vecchio
e il giovane, l’adolescente e l’adulto, ma tutti sono
allo stesso livello: vivono la medesima e unica gioia,
pur
in modi originali, singolari e diversi. Qui tutti
vivono nella
pienezza, e quindi tutti hanno esperienza. Si è come
uno
strumento di gioia, nel quale ogni esperienza che vivi
passa e si perde, non perché negativa, ma perché
lascia il
posto a una nuova, a una ancora più bella, a un’altra
maggiormente
profonda. Tutti qui vivono la medesima esperienza:
il Pellegrinaggio della gioia. Perdi dunque per
ricevere
meglio, ti svuoti per essere meglio in grado di
ricevere:
ecco in che senso si è strumenti
Sì, proprio
perché ogni volta che lasci, che ‘perdi’, qui in Paradiso, non è mai una
sconfitta, una perdita, ma è l’apertura a nuove possibilità.
È un perdere positivo, vincente, perché non ti fa
appiccicare
addosso nessuna esperienza che ti potrebbe definire e
condizionare, nemmeno quando tu la considerassi la più
positiva e bella.
È come un fiume che scorre su di te, e tu ti lasci
rinfrescare
e rinnovare da quest’acqua che tutto e sempre porta
via da te, disponendoti nello stesso tempo a ricevere
sempre
più e sempre meglio l’acqua della sorgente.
Perdi insomma sempre più
tutti i fronzoli, anche minimi - potremmo dire, usando
l’immagine di qualcosa che qui non c’è: anche la
‘polvere’-
per riscoprirti sempre più te stesso.