La preghiera...


“Pur non sapendo più l’Ave Maria,

come potrò salvar l’anima mia?”

 
 
Veronica aveva difficoltà a recitare l’Ave Maria, a causa della sua dislessia e della poca memoria. Anche la sua partecipazione alla vita liturgica era saltuaria, occasionale e svincolata da ogni criterio.

Immaginiamoci poi quando doveva seguire su un libretto preghiere e liturgie!

Ciò che di lei e della sua spiritualità mi hanno colpito assai è ben altra cosa… eccome! Avendo manifestato desiderio di fare esperienza con le suore di clausura eravamo stati in un convento della città.

 


 

Dapprima la Madre badessa l’aveva accolta bene e anche ascoltata; tuttavia, appena Veronica aveva accennato al problema del suo mutuo ancora in essere, la Madre si era d’improvviso raffreddata e aveva concluso in modo molto educato, ma anche estremamente frettoloso, il suo incontro con lei.

Ripresentando ora alla mia memoria quella scena, credo proprio che quella suora non avesse fino in fondo accolto la persona che le stava di fronte, ma pensava solo garantire a se stessa e al monastero una intromissione non gradita e anche pericolosa. Aveva certo preservato se stessa e il convento in quella occasione, ma – detto tra noi – aveva anche fatto trasparire in quelle suore di clausura l’immagine di una spiritualità moderna
e avanzata, che non può avere a che fare con problemi umani al di là delle possibilità
del momento. Come a far intendere che il Signore sarebbe venuto solo dopo, quasi un accessorio in quella loro vita di clausura. Lasciamo perdere il triste epilogo della vicenda. Riscattata invece da altre suore di clausura meno moderne esteriormente, ma più umane e accoglienti.

A Montello infatti, Veronica aveva fatto alcuni giorni di esperienza. Non solo si era trovata bene, ma addirittura le suore avevano apprezzato la sua umiltà, semplicità, sensibilità e disponibilità. Aveva con loro pregato (con la solita difficoltà a seguire sui libri), vissuto con stile di semplicità, ma anche aiutato nelle pulizie degli ambienti. Mi rimangono di questa sua spiritualità due immagini pregnanti.

La prima: al momento di ritornare a casa, la Madre superiora e lei si salutano ponendo i palmi delle loro mani sulla grata divisoria della clausura e mentre Veronica sorride alla Madre, quest’ultima inizia a piangere a dirotto, come a sottolineare la nostalgia per lasciare quella ragazza e, allo stesso tempo, testimoniando il suo apprezzamento per lei. Vedere la Madre superiora piangere intensamente per una ragazza che saluta dopo averla incontrata per qualche giorno non è certo una situazione normale.

La seconda cosa poi che mi ha colpito profondamente è vedere pregare in un magico silenzio e nella estrema compostezza questa ragazza, avvolta in quei momenti come in un alone di mistero, di sacralità rispettosa e da rispettare; avevo infatti quasi un sacro timore nel doverla richiamare da quella preghiera così pregnante; una ragazza che prega in questo modo così profondo, semplice e incisivo non è una situazione che si possa intercettare facilmente oggi nel marasma spirituale e morale della mera superficialità!
 

Tempo fa Vera mi confidò di avere vissuto una breve, ma intensa esperienza presso il Monastero “Maria Immacolata” situato a Montello.

Incontri di preghiera, riflessioni e condivisioni con le sorelle monache, per approfondire e vivere la fede.

Il monastero è stato fondato nel 1969 da un gruppo numeroso di giovani sorelle provenienti dal monastero Maria SS. Annunciata di Zogno.

L’apertura della nuova casa fu consigliata alla fraternità, composta allora da 70 monache e ricca di vocazioni, dal Vescovo Mons. Clemente Gaddi per facilitare la vita comune e regolare.

Nel 1986 alcune sorelle dei monasteri di Zogno (tra le quali l’allora Madre superiora, Suor Costanza Boffelli, parente di don Luciano) e Montello danno vita alla fondazione di un altro monastero, dedicato a Maria Madre della Chiesa, a Paderno Dugnano in provincia di Milano.

Nel 2000 i tre monasteri si sono costituiti nella federazione Maria Stella dell’Evangelizzazione.

 

Incuriosito da quanto mi riferì Vera, feci una ricerca in rete e scoprii che tra la metà del ‘600 e gli inizi del ‘700 visse Veronica Giuliani, clarissa (1660-1727).

Santa Orsola Giuliani nasce a Mercatello, presso Urbino.

A 17 anni si fa “clarissa” nel monastero delle clarisse cappuccine di Città di Castello (PG), coronando un’infanzia segnata da una fervorosa pietà e muta il proprio nome di battesimo con quello di “Veronica”.

La severa regola delle clarisse prevede vita di preghiera, silenzio e nascondimento.

Veronica si adegua ad essa con tutto l’ardore del suo giovane cuore.

Dio ricambia questo suo amore trascinandola in straordinari slanci mistici, culminati nel dono delle stigmate.

Perché di tutto questo non si perda traccia, il confessore impone di tenere un diario su cui raccontare quanto le avviene.

A proposito delle stigmate Veronica scrisse:

“Quando vidi queste stigmate esteriori, io piansi molto e con tutto il mio cuore pregai il Signore di volerle nascondere agli occhi di tutti”.

Viene esaudita e molti, anche tra le sue consorelle, vengono a conoscere la sua straordinaria vicenda solo dopo la morte, avvenuta venerdì 9 luglio 1727, dopo 33 giorni di malattia.

Il corpo mostra ancora i segni della passione e il suo cuore, all’autopsia, rivela una trafittura che lo passa da parte a parte.

 

Ci si starà chiedendo:… il senso di tutto questo?

Ho notato, oltre ovviamente al nome, alcune interessanti similitudini tra la vita di Vera e quella della Santa: infanzia difficile, tormentata, tendenza a nascondersi da tutti e slanci mistici/ spirituali.

 

Anche Vera scriverà alcune riflessioni in cui esprimerà disagio e sofferenza interiore, come ingredienti della sua profonda spiritualità.



ATTENZIONE…O CONCENTRAZIONE, IN PARADISO?

 

 

Mi sono accorto che in Paradiso non ci si distrae mai.

Si è sempre attenti. C’è come un richiamo all’attenzione,

a ciò che vivi. E questo richiamo l’hai dentro di te. Per cui,

vivi in pienezza, sempre, quello che ti è dato.

C’è come un alone di attenzione che permea tutta l’atmosfera

del Paradiso. E anche tutti.

Tutti sono attenti a quello che

vivi, nessuno è mai distratto da te.

E non è uno sforzo, questo atteggiamento. È una realtà

naturale. È così, in Paradiso. Ma ciò che accresce sempre

più questa naturale e serena attenzione è che senti di avvicinarti

sempre più a Colui che è il Paradiso. Sei attento

perché si avvicina, in ogni cosa che succede, ad ogni

passo, e sempre di più.

Per questo sei profondamente attento, e non ti distrai

mai da questo Centro di attenzione.

Sei cosciente di essere un nulla, perché ti senti perdere

in questa infinità, e allo stesso tempo ti accorgi di essere

protagonista, non per tuo merito, in questa meravigliosa

avventura. E l’attenzione che vivi ti fa collegare e coniugare

questi due atteggiamenti, che parrebbero contrastanti

e inconciliabili. Già: in Paradiso, tutto appare come un

puzzle dove tanti elementi diversi si richiamano e si collegano

per formare un’unità, che attraverso di te trasmette

gioia e dona nuove possibilità di vedere e rivedere tutto

quello che avviene come motivo di serenità crescente e

incessante.