Prefazione


È inconfutabile che alcuni individui nascano con delle certezze
(sicurezza economica, familiare, sociale,…);
altri, purtroppo, non hanno questa “fortuna”.

Nonostante ciò cercano comunque nel corso della loro vita

di perseguirle affannosamente, ma spesso invano.

Lungo questo percorso, tutto in salita, incontrano molte porte chiuse.

Loro simili che approfittano della sensibilità e della ingenuità che li contraddistingue.

Talvolta qualcuno tende la mano
perché hanno udito il loro flebile e disperato grido d’aiuto.

Non sappiamo spiegare se anche questo è dovuto al fato oppure,
per chi è credente,
ad un disegno di Dio.

Spesso, però, è troppo tardi…

Lo “tsunami interiore”,
dovuto all’incuria e all’indifferenza pregresse,
ha provocato una devastazione tale che difficilmente
si riuscirà a recuperare la loro salvezza…

 
Il lettore si starà chiedendo la motivazione di questa riflessione iniziale.

Gli autori, a cui è stato concesso di incontrare Veronica (Vera)

vorrebbero dare un senso nuovo a una vecchia realtà dei fatti.

Il dolore, condivisibile, può e deve essere illuminato.

 

Lo chiede oggi il sorriso di “Vera”.

Mandiamo dunque questo messaggio,
altrimenti l’inutile e il nulla prevarranno.

Facciamo sì che questa storia sia concime di fede, speranza e Amore.

 

In nome e in ricordo di Vera che, pur con tutti i suoi limiti,
ci indichi ora la nuova via…




  IN PARADISO C’E’ UN CAMBIO DI PROSPETTIVA…

Il Paradiso è una situazione totalmente diversa da come

uno se l’aspetta. Ti ritrovi nella semplicità e nella naturalezza,

mentre ti attendevi la perfezione e l’assolutizzazione

di un mondo che forse avevi in mente a partire dalla

metratura e dalla misurazione di quello dell’uomo.

Il Paradiso è tutto all’opposto delle nostre attese, e per

fortuna! Ti si rivela invece come compimento di quelle

attese che sono sempre rimaste un po’ dimenticate sulla

terra, nel sottobosco della fede, nel nascondimento, nell’incapacità

ad essere vissute, valutate spesso come inutilità

secondo i valori del mondo, e qui invece realtà pienamente

paradisiache.

È lo sconvolgimento silenzioso ma il più efficace, è la

rivolta pacifica, il trionfo inatteso e sorprendente del

Paradiso.

Scomparire, in Paradiso, è preludio per apparire

meglio, sempre meno esternamente e sempre più in profondità.

In effetti, non è il Paradiso che opera lo sconvolgimento.

Piuttosto, la logica del mondo è avanzata a tal punto nel

cuore dell’umanità, da generare attorno ad ogni realtà

delle incrostazioni, delle fronde, delle occlusioni e degli

impedimenti che ora, qui, di fronte alla semplice evidenza

dell’eterna situazione, si scrostano, si sfrondano, si aprono

e si ribaltano, destando tale gioia e stupore, che pare

proprio uno sconvolgimento.

I punti di partenza e i punti di vista, inoltre, qui, appaiono

spesso totalmente contrari a quelli del mondo. Il

mondo è dei potenti, qui è tutto dei semplici. Nel mondo

si punta alla grandezza, qui si cresce in piccolarità. Il

mondo, puntando sulla vita, ottiene la morte.

Qui, puntando sulla morte, la si trasforma in vita. Il

mondo punta sull’esteriorità, qui si va al cuore. Il mondo

è fondato sulle attività, qui ci si fonda sulla vivacità. Nel

mondo vale soprattutto il fare, qui l’essere.

Il mondo vive nel vociare, qui a comunicare è soprattutto

il silenzio. Per il mondo il Paradiso è un luogo, una cosa;

qui in Paradiso è incontro con Colui che è il Paradiso.

Lo sconvolgimento è profondo. E mentre nel mondo

ogni sconvolgimento reca ansia e turbamento, qui in

Paradiso lo sconvolgimento ti avvolge con tutto se stesso

e in tutto te stesso, suscitando gioia e meraviglia


 

Introduzione


Introduzione


 

 

 
 
 
 
 
 
Al suo funerale,

il celebrante sceglie di far proclamare
come prima lettura quella tratta da Giobbe:

 

Rispondendo Giobbe disse:
“Oh, se le mie parole si scrivessero,
se si fissassero in un libro,
fossero impresse con stilo di ferro sul piombo,
s'incidessero per sempre sulla roccia!”…

 

Il giorno dopo chiamo l’amico Giovanni (Giova):

“Senti, perché non scriviamo un libro sull’esperienza di Veronica, come una risposta, un segno per noi… e chissà anche per chi… ?”

 
E questo blog nacque così…

 


 
Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio,
nessun tormento le toccherà.
Agli occhi degli stolti parve che morissero;
la loro fine fu ritenuta una sciagura,
la loro partenza da noi una rovina,
ma essi sono nella pace.


Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi,
la loro speranza è piena di immortalità.
Per una breve pena riceveranno grandi benefici,
perché Dio li ha provati
e li ha trovati degni di sé:
li ha saggiati come oro nel crogiuolo
e li ha graditi come un olocausto.
Nel giorno del loro giudizio risplenderanno;
come scintille nella stoppia, correranno qua e là.
Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli
e il Signore regnerà per sempre su di loro.
(Sapienza, cap.3)
 


 
Può una donna dimenticare il suo bambino,
non sentire pietà per il figlio delle sue viscere?
Anche se vi fosse una donna che si dimenticasse,
io non ti dimenticherò mai, dice il Signore.
(Isaia)
 
 

 
Destino avverso
la mia mente malata.
Forse umigli il Signore
tua unica forza.
Porterò un dì
la mia croce
in segno di pace.
 
(Un amico del reparto di Psichiatria)
 

 
La fragilità umanamente è solo una particella di umanità che si perde nel nulla.
Illuminata dall’Amore quella particella diventa richiamo alla luce universale che ci indica la strada dell’eterno,
della nostra
coscienza universale.
  

 
Non si tratta
di far conoscere una persona,
bensì far conoscere
ciò che quella persona
vuol farci conoscere.
 


Ottiche divergenti...


Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto
per confondere i sapienti;
Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole
per confondere i forti;
Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato
e ciò che è nulla
per ridurre a nulla le cose che sono,
perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio.
(San Paolo ai Corinti, 1,26-31) 

 

Non lo sapevamo… io, almeno, no…

(Dagli scritti di approfondimento su Lourdes, ad opera di Renè Laurentin e Alberto Maggi)


Qual era la colpa di Bernadette?
Animata dallo Spirito, rifuggiva gli angusti e tetri canoni ascetici dell'epoca, rivendicando spazi di libertà.

Era una nanerottola (non arrivava neanche al metro e mezzo), dalla testa troppo grande, malaticcia, analfabeta, così tarda di comprendonio da non essere stata ammessa alla Prima Comunione perché non riusciva a imparare le formule di catechismo, tanto imbranata da non sapere neanche che età avesse (“13 o 14 anni…”)
A quanti si meravigliavano scandalizzati e increduli che la Madonna potesse apparire a una nullità come Bernadette, lei candidamente rispondeva: "Se la santa Vergine ha scelto me è perché ero la più ignorante. Se ne avesse trovata un'altra più ignorante, avrebbe scelto lei".
I commenti della consorelle quando entrò in convento:
"Se la santa Vergine voleva apparire su questa terra, perché avrebbe scelto una contadina rozza e ignorante, invece di una religiosa virtuosa e istruita?
Non capisco come la santa Vergine abbia potuto comparire a Bernadette! Ci sono tante altre anime, così delicate e nobili!... Insomma!".
"Non è buona a nulla!".
"Che fortuna non essere Bernadette!".
"Siete soltanto una piccola sciocca!".

Dopo la morte, trovarono sotto il letto un fiasco di vino che lei ogni tanto assaggiava per tirarsi un po' su e anche del tabacco, che fiutava proprio come un uomo, e innocentemente ogni tanto pubblicamente, senza pensare nemmeno di nascondersi per questo…



LA STORIA DI LEI


 

LA STORIA DI LEI

18.02.1973  -  21.06.2020
 
 

 

“AMBULANTI”… IN PARADISO?


In Paradiso si è così: ambulanti: si va e si viene.

Gira e rigira, potremmo dire... Un circolo vizioso? No,

assolutamente. Qui, se passi in una situazione e se poi ci

ripassi, non la trovi più uguale, né più tu sei lo stesso.

Cambia quella, e cambi tu.

È sì un gira e rigira, un ambulare avanti e indietro, ma

in una continua progressione. È una processione progrediente.

Ogni giro e rigiro ti avvicina di più al Cuore del

Paradiso, ogni andare avanti e indietro (rispetto a che

cosa?) ti fa sentire meglio la tua appartenenza al

Pellegrinaggio. Sta di fatto che in Paradiso c’è vita, anzi,

vitalità; meglio ancora: vivacità. Non ce n’è uno che sia

fermo. Tutti si muovono in una esperienza vivificante di

gioia. In questo senso, c’è l’impressione che ci sia come

un po’ di vento, una brezza.

Ma non c’è: è il fatto che vedi e vivi tutto in movimento.

Tutto ambulante. Lo stesso riposo (se così si può chiamare

l’impressione di essere sereno e stabile) è occasione

di una ricarica effervescente che ti fa gioire. Non c’è mai

il riposo assonnato e incosciente, qui. In Paradiso si è sempre

ambulanti.

 Camminare per il Paradiso ti fa bene: all’anima e al

corpo. Anche al corpo.

Ti fa sentire che il corpo non è un peso, ma il segno

della concretezza, dell’esserci davvero, del muoverti e del

muovere la situazione nella quale sei. Con il corpo segni e

disegni tutte le realtà che vuoi del Paradiso. Diventi sempre

più, insomma, creatore di situazioni e regista di eventi

e di divertimenti.

Con il corpo ti accorgi che puoi toccare con mano il

Paradiso, e che il Paradiso è molto più concreto di te. Una

cosa che mi ha colpito, in Paradiso, è il fatto che nessuno

si tocca, né si da la mano, né si abbraccia. Mi è parso,

al primo momento, di essere tra gli ‘intoccabili’.

In Paradiso c’è di bello che puoi stringere la

mano a chi si trova chissà dove in quell’infinito, e sentirsi

posare la mano sulla spalla da chi si trova - usando una

misura umana - a migliaia di anni luce.

Per di più, non uno e poi un altro, ma contemporaneamente!

Ecco, ecco... adesso, per esempio, sento stringermi

la mano, a mo’ di congratulazione,da tutti quelli

del Paradiso. Sorrido e ricambio.

La sua storia...


Veronica nasce il 18 febbraio 1973 all’ospedale di Calcinate (Bg).

Già…

Ma se dovessimo chiedere conto “a chi di dovere” della storia di Veronica, avremmo subito uno sghignazzare altisonante, ironico, e rasente anche il sarcasmo. Ma non rivolto a noi, no, no, no, non a noi…

“E’ stata concepita per sbaglio, è stato un inconveniente, un incidente, successo tutto per un amplesso in una cinquecento ai bordi di un acquitrino!...” e così via, via, via…

Veronica nasce in disgrazia già dal suo concepimento...                                                     

Alle scuole elementari, ecco il problema – che si trascinerà fino alla fine – della sua dislessia. Per questo non solo trova difficoltà ad esprimersi e comprendere fino in fondo, ma accade pure che la maestra la umilierà davanti a tutta la classe, forse non riconoscendo quell’handicap e additandola subito come asina e handicappata.

 

Crescendo speriamo ci siano stati momenti migliori che in questa sede non approfondiamo; qualora ce ne siano stati di peggiori, non è dato sapere e comunque lasciamoli perdere, perché nella sua vita ce ne sono abbastanza.

 


La gravità della situazione si manifesta durante la sua prima giovinezza quando, dando una mano in birreria con arte e sensibilità preparando ottimi taglieri da accompagnare agli aperitivi, avverrà un fatale incontro…
 
Accompagnato dal segretario personale e dalle guardie del corpo, ecco comparire un famoso vip che ogni tanto cena nella trattoria vicina. Mentre lui se la gode lì, il segretario si fa l’aperitivo in birreria, ma con gli occhi già si sta facendo quella bella e attraente ragazza che serve ai tavoli. Tra uno stuzzichino e l’altro, con un po’ di battute e simpatia, cresce attrazione e allegria. La ragazza è troppo ingenua per intuire il pericolo e il suo cuore è troppo buono e semplice per non lasciarsi affascinare. Lui ha già in mente tutto il suo malefico progetto, lei ha solo un cuore dolce e innamorato, incapace di intravedere oltre la situazione della proposta di una vita insieme per amore. Lui le promette e dopo un po’ la conduce in quel di Ferrara, dove il vivere insieme non è proprio rose e fiori… ma lei resiste, per amore.

Altre promesse da parte di lui e in questo caso la promessa si farà proprio debito: le prospetta una casa in Feltre, da acquistare con un mutuo estinguibile con facilità. Una casa dove vivere insieme e metter su un’attività – che ne so, tipo un’agenzia immobiliare – e vivere felici, contenti e indipendenti. Con raggiri e intrallazzi, documenti a suo favore e inoppugnabili, ecco che lui pian piano sistema il tutto di lei.
Si va avanti ancora un po’, tra sacrifici di lei e imposizioni da parte di lui – violenza psicologica e fisica; lui, fra l’altro, farà uso di sostanze stupefacenti e sarà anche ricoverato in ospedale – finchè un giorno…

…Tornando alla casa di Feltre, lei trova chiuso e sbarrato… Vera non ha le chiavi…

Lo cerca invano e disperatamente, ma lui non risponde. Anche l’automobile è sparita… Lei, fra l’altro è incinta di lui. Il dramma nel dramma: chiama i vigili per poter entrare in casa, da dove sola e traumatizzata viene poco dopo ripresa e portata in ospedale a Feltre, con conseguente aborto. Da quel trauma non sarà, d’ora in poi, più la stessa.

Lui, incassando i soldi del prestito anticipato per acquistare quella casa, il denaro ha fatto sparire lasciando a Vera l’elevato mutuo ora da estinguere.

Mettiamo qui una dolorosa pausa di non approfondimento e riprendiamo tra poco.

Vera, alla ricerca di un disperato modo di estinguere le rate del gran debito contratto, troverà qualche lavoro saltuario e stagionale, lavorando anche in orari notturni presso un’industria dolciaria, successivamente in una catena di negozi di casalinghi, ma poi… sempre meno occasioni di lavoro e sempre più la cappa del nulla che avanza, sotto il peso del mostruoso mutuo che l’assillerà sempre più.

Il tempo avanza inesorabile creando sempre più angosce, ansie e meno speranze.

Andiam veloci nel tratto di tempo e così la possiamo presto incontrare… a Bergamo, dove vive alla senzatetto, senza una dimora stabile, senza ottenere alcun reddito di sussistenza (figurando l’immobile di Feltre la seconda casa di lei), ospite un po’ qua, un po’ là, perdendo sempre più dignità… e identità…

 
 

Villaga (Feltre): il fienile. Notare il tetto instabile… e un po’ già caduto

 

Villaga (Feltre): il fienile ripulito e sistemato da Veronica e adibito a soggiorno estivo… 

“Se non ci fosse stato il disguido del mutuo, certo non ti avrei incontrata sulla mia strada e non avrei potuto godere delle ferie a Feltre, apprezzare le Dolomiti bellunesi… e tutto il resto… o no?”…

 IN PARADISO SI USA LA MEMORIA?

Una facoltà poco usata, in Paradiso, è la memoria. Non

che venga meno; ma, in un certo senso, non se ne fa ricorso.

A che giova ricordare il passato, qui, mentre tutto è qui,

mentre hai da vivere situazioni tanto meravigliose e coinvolgenti

che superano infinitamente ogni tuo passato? Che

senso ha il guardare indietro, a mo’ di nostalgia? Perdi, per così dire, l’attaccamento

alle situazioni, e questo ti fa allontanare definitivamente i

ricordi, e tutte le nostalgie. Anche perché tutto quanto hai

cercato di vivere come bene, qui lo vivi bene. Qui dunque

non si accumula l’esperienza, ma la si vive. Non c’è il saggio

e il meno saggio, l’esperto e il meno esperto, il vecchio

e il giovane, l’adolescente e l’adulto, ma tutti sono

allo stesso livello: vivono la medesima e unica gioia, pur

in modi originali, singolari e diversi. Qui tutti vivono nella

pienezza, e quindi tutti hanno esperienza. Si è come uno

strumento di gioia, nel quale ogni esperienza che vivi

passa e si perde, non perché negativa, ma perché lascia il

posto a una nuova, a una ancora più bella, a un’altra maggiormente

profonda. Tutti qui vivono la medesima esperienza:

il Pellegrinaggio della gioia. Perdi dunque per ricevere

meglio, ti svuoti per essere meglio in grado di ricevere:

ecco in che senso si è strumenti

 Sì, proprio perché ogni volta che lasci, che ‘perdi’, qui in Paradiso, non è mai una

sconfitta, una perdita, ma è l’apertura a nuove possibilità.

È un perdere positivo, vincente, perché non ti fa appiccicare

addosso nessuna esperienza che ti potrebbe definire e

condizionare, nemmeno quando tu la considerassi la più

positiva e bella.

È come un fiume che scorre su di te, e tu ti lasci rinfrescare

e rinnovare da quest’acqua che tutto e sempre porta

via da te, disponendoti nello stesso tempo a ricevere sempre

più e sempre meglio l’acqua della sorgente.

Perdi insomma sempre più

tutti i fronzoli, anche minimi - potremmo dire, usando

l’immagine di qualcosa che qui non c’è: anche la ‘polvere’-

per riscoprirti sempre più te stesso.